KALINGA BATOK: la tradizione dei tatuaggi nelle Filippine
La storia di Whang-Od, l’ultima tatuatrice kalinga.
Whang-Od ha 93 anni, vive tuttora (garantisco fino a Gennaio 2015) nel villaggio di Buscalan, sulla Cordillera, e ha imparato a tatuare da suo padre.
Quello dei Kalinga è per tradizione un popolo di guerrieri feroci, con una cultura che affonda le sue radici nell’animismo, e dove il tatuaggio (batok) ha sempre rappresentato un modo per comunicare e diffondere i valori all’interno della società: si trattava di uno dei riti di passaggio più importanti, simbolo di crescita, prova dell’opera degli spiriti sul corpo di chi lo riceveva.
Per le donne, in particolare, il tatuaggio segnava il passaggio alla fase matura, ma era anche un modo per propiziare la fertilità, oltre che un motivo di vanto, o una decorazione: non è raro trovare rappresentazioni di gioielli, soprattutto di bracciali e collane.
Una donna poteva ricevere un tatuaggio semplicemente per merito del marito che se l’era guadagnato sul campo, e qui apriamo la questione uomini, che è un po’ diversa: i tatuaggi dovevano essere la prova del loro valore, ed essendo quello dei kalinga un popolo di guerrieri, il valore non poteva che essere misurato col numero delle battaglie vinte, o dei nemici uccisi.
Col tatuaggio si invocavano quindi gli spiriti a protezione dell’uomo di valore per ricompensarlo, ma anche per investirlo di nuove responsabilità, come quella di comportarsi degnamente o di fare da guida agli altri, pena la vendetta sulla comunità intera.
Gli ultimi guerrieri kalinga sono i reduci della Seconda Guerra Mondiale, che si distinsero per l’efferatezza delle loro azioni: migliaia di giapponesi furono prima decapitati e poi abbandonati tra le montagne di Luzon, che guarda caso sono l’unica regione delle Filippine a non essere mai caduta in balìa delle dominazioni straniere.
Ma perché sono proprio loro gli ultimi?
Perchè con il progressivo arrivo dei missionari cristiani e la conseguente conversione al cattolicesimo, la tradizione animista è andata scomparendo, e con lei quella del batok.
Non è quindi un caso che al giorno d’oggi a portare questi segni siano di fatto solo gli anziani (donne, nella maggior parte dei casi: quelle le ho viste eccome!), oltre che i turisti: ecco perché prima dicevo che alla fine sono stata felice di non esserci andata, perché pare che ormai Whang-Od sia sostanzialmente una delle tante attrazioni di Luzon, e che fuori dalla sua porta non sia così difficile trovare gente in attesa di un bruco, o di una qualche squama da portare sulla pelle.
Il kalinga batok viene impresso con un bastoncino di bambù provvisto di un ago (gisi), sul quale si picchietta con un altro bastoncino (si parla di circa 100 colpi al minuto), mentre l’inchiostro viene messo direttamente sulla pelle, in modo che il colore possa penetrare man mano che l’ago affonda.
Se siete interessati all’argomento tatuaggi e tradizioni, vi consiglio di fare un giro sul sito di Lars Krutak dal quale ho preso alcune delle foto che vedete in questo pezzo: è più conosciuto per la trasmissione “Tattoo Hunter”, ma in realtà è un antropologo che sta facendo degli studi interessanti in tutto il mondo, non solo nelle Filippine.
Fonte: larskrutak.com – triportreat.it
Tag:batok, kalinga, kalinga batok, Tattoo, Tatuaggi, tatuatrice, Whang-Od